Il Teorema di Naomi Campbell - di Ammiraglio Giuseppe De Giorgi
Quello che io ho definito il teorema di Naomi Campbell permette facilmente di capire i vantaggi e l'efficienza del modello organizzativo da me introdotto.
Se io sono il responsabile dei vestiti di Naomi, della sua mensa e del suo benessere ma poi ad uscirci è un altro, Naomi arriverà all'appuntamento disordinata, senza una scarpa e imbestialita. Se invece colui che deve uscirci è direttamente il responsabile del suo equipaggiamento, lei arriverà felice, puntuale e vestita bene.
Naomi potrebbe essere dunque la metafora di una nave o di un aereo. Chi vola ad esempio non è messo in grado di avere gli strumenti per godere del suo mestiere (portare a casa l'operazione, ottenere la “gloria” che cerca), chi si occupa della parte meccanica non ha il vantaggio emotivo perché non si sente partecipe del binomio. E dunque il personale tenderà a sviluppare quella passività per spuntare vantaggi di altro tipo, come posizioni di vertice.
Si creano quindi in questo modo corporazioni che lottano sul negativo: la forza armata è imperniata culturalmente sulla funzione combattere, l'elemento fondante di ogni forza armata, si ritrova però a diventare quasi una minoranza rispetto alle altre componenti che diventano con il loro atteggiamento una sorta di zavorra.
All'estero le cose non sono tanto migliori. L'Inghilterra ha applicato in modo quasi religioso l'organizzazione per funzioni, intentando lo smart procurement. Seguendo questo schema, totalmente opposto al mio, gli inglesi hanno pagato il doppio dell'Italia l'elicottero H101 che avevamo sviluppato insieme. Noi invece avevamo applicato l'organizzazione “linea di prodotto”, con l'unicità di comando della parte amministrativa e di quella logistica. I nostri piloti avevano avuto l'ultima parola su tutti gli aspetti del 101. Gli inglesi invece è come se avessero appaltato il suo sviluppo ad altre organizzazioni dello Stato.
Anche i francesi non hanno fatto meglio. Il nostro gruppo di lavoro della cooperazione era composto ad esempio tutto da piloti e ingegneri della marina, loro avevano invece tutti civili con un solo sottufficiale.
Con la mia rivoluzione organizzativa ho portato in un solo anno l'efficienza storica della componente volo dal 66% all'80%, come avere 20 macchine in più ogni giorno. Un ritorno patrimoniale enorme, senza risorse aggiuntive.
Nell'esercito di solito quando si rompeva un mezzo tattico si allertava un reparto ad hoc che dal nord Italia quando aveva tempo veniva a ritirarlo e lo portava a riparare. Non c'era minimamente il concetto di ownership. Mi sono limitato a responsabilizzare la catena di comando operativa dandogli anche gli strumenti per poterlo fare.
Una volta diventato il capo della Marina applicai subito questo concetto dividendola in varie componenti: anfibia, aerea, subacquea, di superficie. Ogni capo di componente aveva l'ufficio per i contratti, l'ufficio per la manutenzione delle infrastrutture, vennero anche creati dei team di manutentori militari. Fu impressionante veder rifiorire le infrastrutture che prima erano in pessimo stato perché mantenute da terzi. Il personale ha partecipato con grande motivazione, in cambio di premi ha accettato anche di seguire dei corsi, come ad esempio quello di muratore, si è creato insomma un ciclo virtuoso.
Abbiamo restituito alla fruizione del personale 300 appartamenti che giacevano inutilizzati perché non era stato fatto l'adeguamento degli impianti elettrici. Tutto questo lo abbiamo fatto senza avere soldi in più dalla Difesa. È chiaro che una rivoluzione manageriale ed organizzativa di questo tipo può portare molti nemici ed alla emersione di tutti quei lavativi e opportunisti che purtroppo il sistema selettivo italiano fa concentrare spesso nei vertici militari. Le persone di qualità fanno molta più fatica ad arrivare in alto nella scala gerarchica.