Plastica in mare
Ogni chilometro quadro del Mar Mediterraneo contiene in superficie fino a 1,25 milioni frammenti di microplastiche. Sono numeri sconvolgenti quelli presentati da un gruppo di biologi del Cnr pubblicati qualche mese fa da Scientific Reports.
In mare finiscono tutti quei rifiuti quotidiani che dovrebbero andare nei cassonetti. Bottiglie e sacchetti che dopo essere stati degradati dalla luce si riducono in poltiglia. Una zuppa di plastica nel nostro mare. Nel Mediterraneo la situazione si è aggravata vista la sua natura di maure chiuso, ogni particella ha un tempo di permanenza di circa 1000 anni. Con il sospetto che molta più plastica di quanto si immagini si trovi nascosta nei fondali dove non può essere osservata.
Gran parte di questi residui di plastica derivano dal packaging non riciclabile. Il 92% di tutta la plastica rinvenuta in mare è composta da frammenti inferiori ai 5 millimetri. Con danni ingenti per l'ecosistema marino. Frammenti di plastica possono far soffocare gli animali e finire nel plancton, la base della catena alimentare marittima.
In Italia la Marina Militare ha tentato di dare il proprio contributo. La nave Aretusa ha ad esempio scandagliato alcune delle acque marine ed è stata impegnata nel progetto Plasitc Busters insieme all'Università di Siena finalizzato da anni allo studio dell'impatto inquinante della plastica.
Proprio nel 2014, quando ero il Capo di Stato Maggiore della Marina Italiana, ho firmato un accordo di collaborazione con l'allora rettore dell'Università di Siena Angelo Riccaboni per il monitoraggio e la salvaguardia del Mar Mediterraneo. L'accordo prevedeva l'imbarco nelle navi della Marina dei ricercatori scientifici dell'Università, lo scambio di informazioni di reciproco interesse per l'aggiornamento delle rispettive banche dati utili alla realizzazione di documentazione-studi di tipo oceanografico e tecnico-scientifico, il supporto dell'ateneo senese per l'aggiornamento professionale del personale della Marina in tema di ricerca e monitoraggio per la salvaguardia dell'ambiente marino.
Alcuni studi del 2014 hanno evidenziato alte concentrazioni di flalati negli squali e nelle balenottere del Mediterraneo. La nave Aretusa ha condotto attività con i ricercatori dell’Università di Siena a bordo raccogliendo campioni di acqua di mare, anche utilizzando uno speciale retino chiamato manta in grado di catturare le particelle di microplastica in sospensione.
La Marina Militare è sempre stata molto sensibile ai progetti della tutela dell'ambiente marino, in particolare sulla presenza della plastica in mare. L’attività del 2014/2015 era stata preceduta nel 2013 da iniziative mirate alla tutela dell’ambiente, imbarcando ricercatori sul Vespucci e sulle navi idro-oceanografiche Magnaghi e Galatea in aggiunta al catamarano Aretusa.
L'obiettivo è quello di fare una fotografia delle macro e microplastiche che infestano il Mediteranneo, individuare le possibili soluzioni per rimuovere il materiale disperso e nel frattempo cercare di aumentare la consapevolezza nel pubblico anche a livello internazionale della gravità del problema.
D'altronde non abbiamo molto tempo: si calcola che la produzione di plastica da qui al 2050 quadruplicherà!