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Da dove sono stati lanciati i missili in Siria

Dei 105 missili lanciati contro gli impianti di ricerca e stoccaggio di armi chimiche in Siria circa 70 sono stati lanciati da piattaforme navali, di cui, aspetto estremamente interessante, solo una dislocata in Mediterraneo, mentre le altre hanno lanciato dal Mar Rosso e dal Golfo Persico.

Dei restanti 35 missili:

19 sono stati lanciati da bombardieri B1 USAF, decollati probabilmente da una base in Qatar, 6 da Rafale Francesi partiti dalla Francia, 8 da Tornado UK, decollati dalla vicina base di Akrotiri a Cipro (ca 150 miglia nautiche/280 km) dalla Siria.

 Si tratta di una tendenza ormai in atto da qualche tempo e non solo in campo occidentale, basti pensare agli attacchi condotti proprio in Siria dalle navi della Marina Russa, in navigazione addirittura nel Mare Caspio, che dimostra il ruolo crescente delle Navi di superficie come sistema d’arma in grado di proiettare forza su terra, oltre alle Portaerei, comunque senza aver necessità di basi amiche e addirittura operando da altri bacini marittimi, in totale sicurezza. La diffusione crescente della capacità di lancio di missili da crociera  da navi di medie dimensioni consentirà di compensare la minor libertà d’azione dei mezzi aerei pilotati tenuti sempre più lontani dalle aree prossime agli obiettivi grazie all’avvento di sistemi antiaerei sempre più efficaci, come il temutissimo S400 russo, il cui raggio d’azione nel caso di specie avrebbe incluso la stessa base di Akrotiri da cui sono decollati i 4 Tornado della RAF.

Con l’aumento del raggio d’impiego dei missili da crociera aviolanciati si aprono nuove possibilità per piattaforme di lancio, derivate direttamente da aerei di linea, com’è in fondo il nuovo pattugliatore marittimo della US Navy P8 Neptune, in grado, fra l’altro, di lanciare missili stand off in quantità significative. In molti scenari aeroplani di caratteristiche aerodinamiche e prestazionali analoghe ad aerei di linea, da pattugliamento marittimo o da trasporto potranno essere impiegati a integrazione dei costosissimi cacciabombardieri stealth di 5^/6^ generazione (es.: F35), potendo rilasciare un numero molto superiore di armi a distanze maggiori dalle basi e a costi di gestione assai inferiori. In questo caso saranno i missili a dover essere stealth per penetrare le difese avversarie (com’è già nel caso dello SCALP e del JSSM ER o del LRSSM USA), invece degli aerei.

Un elemento di novità è stato l’utilizzo, per la prima volta, di una Fremm come piattaforma di lancio del missile da crociera SCALP Naval, lanciabile dagli stessi lanciatori Silver 70 in dotazione alle FREMM italiane, che tuttavia non ne sono dotate, essendo stata sempre respinta dallo Stato Maggiore della Difesa, la richiesta di acquisizione da parte della Marina Militare.

Considerando che anche i PPA in costruzione sono dotati degli stessi lanciatori delle Fremm, c’è da chiedersi perché il Ministero della Difesa non si decida ad acquisire tale missile che costituirebbe per le nostre navi e per la Difesa nazionale, un moltiplicatore di forza notevolissimo, aumentandone significativamente il potenziale di deterrenza.

Visto che lo SCALP Naval è prodotto da un consorzio europeo sembrerebbe una scelta opportuna oltre che pienamente in linea con la “priorità” alla Difesa Europea, proclamata così spesso dalla Ministra della Difesa.

Gli Aerei UK e Francesi hanno invece utilizzato lo Storm Shadow, la versione aviolanciata dello Scalp Naval con una portata inferiore, in dotazione (questa si, per fortuna) anche all’Aeronautica Italiana.

La RAF ne ha lanciati 8 impiegando solo 4 Tornado. La Francia ha impiegato una quantità di aerei circa doppia, con il ricorso a rifornitori in volo per lanciare 6 missili Storm Shadow.

L’operazione sarebbe stata tecnicamente alla portata anche dell’Italia potendo disporre ancora dei Tornado (di recente sottoposti a un importante piano di estensione vita) e di rifornitori in volo, anche se per il “targetting” (capacità in cui la nostra Aeronautica ha fatto grandissimi progressi detenendo notevoli professionalità nel settore) avremmo dovuto probabilmente appoggiarci all’USAF o alla RAF.

Sotto il profilo del risultato politico che era il vero obiettivo della missione, il presidente Trump ottiene un risultato importante in termini di opinione pubblica, dando contemporaneamente un segnale forte non solo alla Siria, ma soprattutto ad altri potenziali utilizzatori di armi chimiche, rilanciando la coesione e l’operatività militare delle Potenze Alleate. Un ristretto club di nazioni, vincitrici della guerra e membri permanenti del consiglio di sicurezza dell’ONU, ancora in grado di compiere scelte difficili in tempo reale. Nessuno dei tre Leader ha chiesto il benestare dei rispettivi Parlamenti assumendosi la responsabilità di avvalersi delle proprie attribuzioni di legge.

Se l’esclusione di Germania e Italia da questo genere di interventi non deve quindi stupire, dovrebbe invece far riflettere come, al di là delle dichiarazioni degli ultimi anni, l’EU sia stata alla finestra, mentre Francia e Inghilterra giocavano in modo “sovrano” la loro partita di interesse nazionale.

In tutto questo “baillame” i russi ottengono invece un risultato strategico importante; consentendo agli USA di salvare la faccia sulla questione della “linea rossa” contro Assad, hanno ricevuto in cambio la pubblica rassicurazione che gli Stati Uniti non intendono cambiare il regime di ASSAD e che appena possibile si ritireranno dalla Siria lasciando di fatto alla Russia, all’Iran e alla Turchia il compito di governare le trattative di pace e l’assetto politico della Siria post guerra civile.

Nel campo occidentale ne esce rafforzata la Francia sia nel suo rapporto con gli USA, grazie alla prontezza con cui Macron si è associato a Trump ed ha propugnato l’azione militare, nella quale ha dato dimostrazione evidente sia di possedere capacità operative autonome per missioni strategiche a grande distanza dalle basi metropolitane, sia di poter interpretare credibilmente il ruolo di potenza regionale di riferimento per gli USA, nel bacino del Mediterraneo. Ruolo a cui aspirava l’Italia negli anni in cui la Francia si teneva lontana dalla Nato e rimarcava la propria indipendenza dalla politica estera americana.

L’Inghilterra ha impiegato efficacemente il “minimo” di mezzi, per essere della partita, ma è risultata in ombra rispetto alla Francia che sempre più può affermare il suo ruolo di alleato Americano paritetico all’Inghilterra, con il vantaggio di essere la sola Potenza Regionale in grado di contenere il neo Ottomanismo di Erdogan e di avere un ruolo di protagonista nel Nord Africa e in generale nell’immensa Africa Francofona. In tal senso non ci si deve dimenticare il ruolo importante giocato storicamente dalla Francia in Libano. È verosimile inoltre che a seguito della pronta partecipazione all’iniziativa di Trump, Macron ottenga maggiore libertà d’azione in Libia, a scapito dell’Italia.

 

 E l’Italia?  In questo caso non abbiamo giocato neppure il ruolo ausiliario delle nostre basi aeree ad eccezione di Sigonella e di Aviano che sono sotto la diretta autorità USA e da cui non dovrebbero essere comunque partiti aerei destinati al raid, ma verosimilmente di supporto elettronico e di sorveglianza marittima, attività che comunque quelle basi conducono di routine. Del resto con un Governo per i soli affari correnti sarebbe stato impossibile decidere la nostra partecipazione, a meno di un ordine diretto degli Stati Uniti, che non è mai arrivato.

 

Del resto, anche con un Governo nella pienezza delle sue funzioni, la nostra partecipazione si concretizza in generale tardi dopo estenuanti discussioni parlamentari e quasi sempre con il caveat “no combat” che toglie spessore alla nostra partecipazione riducendone al minimo il ritorno politico nei confronti degli alleati e lo “standing” Italiano sullo scacchiere internazionale, dove i fatti contano più delle parole.

Nelle condizioni date la nostra partecipazione non sarebbe stata quindi possibile e bene ha fatto Il Governo Gentiloni a rimanere defilato sulla questione. In situazioni come queste, o si è della partita da subito per obiettivi strategici di interesse nazionale o meglio, come ha fatto anche la Germania, astenersi del tutto.

Di certo sembrano purtroppo lontani i tempi in cui l’Italia si mostrava in grado di assumere l’iniziativa nel condurre tempestivamente operazioni nazionali ambiziose come la missione Leonte in Libano, in grado di coagulare, intorno all’Italia, forze Navali UK, Francesi, Greche, con il pieno riconoscimento da parte della Comunità Internazionale.

Ammiraglio Giuseppe De Giorgi

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