Tra conferme e frenate diplomatiche, la missione italiana in Niger prosegue
La missione italiana in Niger è in stallo, anzi no prosegue senza problemi. A leggere le notizie delle ultime settimane sull’argomento si capisce piuttosto che c’è ancora molto da chiarire sull’intervento dell’Italia per bloccare il flusso dei migranti ed addestrare le truppe locali in Niger al confine con la Libia. Annunciata ufficialmente da Paolo Gentiloni il 13 dicembre scorso, e votata in fretta e furia dalla Camera dei deputati, c’era una volta la missione italiana in Niger. Non è totalmente chiaro al momento infatti in che modo la missione proseguirà dato che il governo italiano e quello nigeriano sembrano pensarla in maniera diametralmente opposta. Cronache di un disastro diplomatico annunciato? Forse, ma andiamo per gradi.
“Andiamo in Niger per una richiesta del governo locale, che abbiamo ricevuto a dicembre e che riguarda quello che facciamo di solito in paesi come la Libia: rinforzare gli strumenti di controllo del territorio e delle frontiere e le forze di polizia locale” aveva detto il presidente del consiglio Paolo Gentiloni, parlando della missione alla commissione difesa della camera il 15 gennaio. Secondo le intenzioni del governo nel 2018 dovrebbe avvenire un netto ridimensionamento della presenza militare italiana all’estero (dove i nostri militari sono impegnati oggi in 32 missioni internazionali in 21 paesi). Nello specifico in Iraq si passerebbe da 1.500 a 750 soldati, in Afghanistan da 900 a 700 soldati. I contingenti italiani si sposterebbero così in Africa, in particolare in Libia con un incremento da 370 a 400 soldati ed in Niger con una missione di 470 soldati (inclusi 130 mezzi di terra e due aerei) impiegati di fatto nel sostegno alle autorità locali nell’addestramento della polizia di frontiera e nel controllo dei confini, lungo la rotta più usata dai migranti diretti in Europa. L’intervento militare in Niger si attuerebbe nell’ambito della missione del G5 (Mali, Ciad, Burkina Faso, Niger, Mauritania) nel Sahel, in cui l’Italia ha chiesto di essere membro osservatore. La “Coalizione Sahel” presentata il 13 dicembre scorso, durante la conferenza stampa congiunta al termine del G5 Sahel (summit tra i capi di stato e di governo di Francia, Germania, Italia e i cinque paesi del Sahel), nascerebbe con l’obiettivo dichiarato di contrastare il terrorismo nella regione e dovrebbe trattarsi di “un’organizzazione operativa effettiva e reale, con un comando unico a livello regionale, per sostenere sul campo la forza G5 Sahel e l’Alleanza per il Sahel.” Coalizione che potrà valersi inoltre di stanziamenti per 50 milioni di euro dall’Unione europea, 60 milioni di dollari dagli Stati Uniti, 30 milioni dagli Emirati Arabi Uniti e 100 milioni dall’Arabia Saudita. Per maggiore chiarezza, in Niger intanto è già presente un'aliquota di una cinquantina di soldati con il compito di preparare il terreno al grosso della missione, l’Italia si unirebbe così alle forze armate francesi, statunitensi e tedesche che sono già presenti nel paese, rispettivamente da anni e mesi, in un contesto geopolitico importante per l’Italia.
Secondo indiscrezioni varie però la missione sarebbe ad uno stallo. Ad inizio marzo il governo di Niamey sembrava, nonostante la squadra di 40 specialisti inviati in Africa dopo l’approvazione della delibera di palazzo Chigi, dire, per la seconda volta, no all’arrivo dei soldati italiani da impiegare contro l’immigrazione clandestina ed il terrorismo. Stop comunicato dal ministro dell’Interno, Mohamed Bazoum, che aveva ripetuto quanto era già trapelato dal ministero degli Esteri circa due mesi fa sulla contrarietà all’invio del contingente, rilanciato dall’emittente francese Rfi. Secondo le indiscrezioni, infatti, il Niger non sarebbe stato informato ufficialmente dall'Italia riguardo la prossima missione militare nel paese africano, e gli esponenti del Governo avrebbero appreso del dispiegamento del contingente italiano da un lancio dell'agenzia di stampa. Inoltre, sempre secondo le fonti dell'emittente francofona, si afferma proprio che la formazione dei militari e delle forze di sicurezza del Niger, motivazione addotta dal governo italiano per la missione, sia già stata affidata ad altre nazioni. Sembrerebbe così evidente che una parte del governo nigerino non sia d’accordo con la missione e rilasci dichiarazioni alle Radio internazionali francesi per smuovere le acque della polemica.
Impossibile non notare però che in Niger è la Francia (nostra rivale storica) a detenere l’influenza più rilevante: negli stessi giorni, infatti, era circolata l'ipotesi proprio di una responsabilità francese allo stop alle missioni italiane, ossia che il governo di Parigi, che ha un contingente presente in quell’area con un ruolo di primo piano insieme con Stati Uniti e Germania, abbia fatto pressioni affinché il nostro paese rimanesse fuori da giochi africani. Una situazione che, se fosse stata confermata, metterebbe all’angolo il nostro paese. Certo, dietro la decisione del governo italiano c'era un accordo firmato dai due Paesi il 26 settembre del 2017 sulla base dell'accordo per lo sviluppo della cooperazione bilaterale nel campo della sicurezza, firmato durante l’incontro del 3 gennaio del governo nigerino con il numero uno della Farnesina, Angelino Alfano, volato a Niamey per inaugurare l’ambasciata italiana. Lo avevano scritto gli stessi giornali nigerini, che però specificavano: “Le nostre fonti confermano l’esistenza di un dialogo e di un coordinamento tecnico e per la sicurezza con l’Italia, ma questo non implica in alcun modo che il Niger intenda accogliere una missione militare italiana”.
Intanto sul sito della Difesa, proprio per fare maggiore chiarezza sull’argomento, è stato pubblicato un comunicato ufficiale in cui si ribadisce proprio che “In merito a quanto riportato da alcuni organi di stampa circa la sospensione della missione in Niger, si ribadisce quanto recentemente dichiarato pubblicamente dal Capo di Stato Maggiore della Difesa, che stanno proseguendo le attività programmate del nucleo di ricognizione per attività di collegamento e preparazione, di intesa con le Autorità nigerine, e di predisposizione all'approntamento della base italiana in Niger. Non ci sono quindi ipotesi di ritiro del personale militare italiano. La missione si svilupperà in pieno accordo con le Autorità locali.” Salvo eventuali nuove problematiche, di tipo logistico o diplomatico, la nostra missione quindi dovrebbe proseguire con un numero massimo di militari impegnati che si baserà sulle decisioni del Parlamento e sulla necessità futura modulata in base alla situazione del teatro operativo e alle esigenze addestrati da soddisfare. “Allo stato attuale” la missione continua.