Fuori dal trattato sul nucleare con la Russia, gli Usa guardano già alla Cina
Lo storico trattato sull’eliminazione dei missili a medio e corto raggio in Europa (INF), sottoscritto nel 1987 da Reagan e Gorbaciov, non avrà presto più valenza. Quello che era stato un passo importante per la fine della Guerra fredda e l’inizio di una nuova era di pace europea vede ora, dopo l’annuncio del presidente americano, il ritiro degli Stati Uniti dal trattato. “La Russia ha violato per anni senza scrupoli il trattato sulle armi nucleari e non ha mostrato alcun serio impegno nel volerlo rispettare” così il segretario di stato americano Mike Pompeo ha motivato la decisione dell'amministrazione Trump di ritirare la partecipazione degli Usa dal trattato INF. Il protocollo americano è ormai noto: cancellare accordi e trattati internazionali presi in passato da altri e rinegoziarli vendendoli come nuove vittorie. La Casa Bianca accusa la Russia di stare “sviluppando segretamente e schierando un sistema missilistico proibito che pone una minaccia diretta ai nostri alleati e alle nostre truppe all’estero”. Si tratta del missile 9M729 Novator, “l’arma invincibile” capace di superare tutte le attuali difese anti balistiche americane che va ad aggiungersi all’altro missile ipersonico “Avangard” annunciato a dicembre da Putin ed in grado di volare più di 20 volte oltre la velocità del suono, circa 24.500 km/h) con una gittata accertata di 5.800 chilometri, ma che potrebbe, senza problemi, passare agli 11.000 chilometri passando così da vettore "a raggio intermedio” ad essere considerato a tutti gli effetti di tipo “intercontinentale”.
Una decisione da tempo annunciata contro Mosca, ma secondo alcuni esperti del settore, parte di una più grande strategia rivolta verso il Mar Cinese meridionale. Il trattato non vincola, infatti, la Cina che nel frattempo ha sviluppato un arsenale basato in gran parte proprio su questo tipo di razzi, soprattutto in un momento in cui l'intelligence Usa ammonisce che Russia e Cina “non sono mai state così allineate dalla metà degli anni ’50”. La mossa del presidente Usa, incalzato dal Russiagate ed alle prese con le elezioni di metà mandato, è, quindi, da intendere, secondo alcuni osservatori, come tappa di strategia rivolta a Pechino, anche se i toni polemici sono in primis rivolti alla Russia di Putin che, per prima, non avrebbe rispettato gli accordi del trattato. Proprio la Russia, infatti, dopo la crisi degli anni ’90 del secolo scorso ha mostrato in questi anni di aver ripreso un proprio ruolo sullo scenario internazionale intervenendo ad esempio con le proprie forze armate in Georgia, Siria ed Ucraina.
“Gli Stati Uniti potrebbero ora schierare un totale di 48 missili da crociera in Europa mettendo così in pericolo la Russia centrale e Mosca non può ignorare questa minaccia” ha affermato il viceministro degli Esteri Sergei Ryabkov precisando che la Russia stia già prendendo misure per la sua sicurezza nazionale, in particolare modo sulla possibilità che gli Usa possano decidere anche di “schierare immediatamente 24 missili Tomahawk nucleari”. Accuse reciproche , quindi, dal momento che Mosca dal canto suo contesta a Washington di non aver rispettato l’accordo con il suo scudo spaziale nell’Europa dell’est, basato su missili intercettori che potrebbero facilmente diventare armi offensive e che, comunque , rompono l’equilibrio delle forze in campo. Una dichiarazione forte era arrivata dallo stesso Putin quando aveva avvertito a fine anno che “il mondo sta sottovalutando il pericolo di una guerra nucleare” sostenendo che questo potrebbe portare “alla fine della civiltà e forse anche del pianeta.”
Russia e Stati Uniti sono gli unici due attori del trattato, ma incidono in modo significativo sulla sicurezza europea: i missili coperti dall’accordo bilaterale possono volare tra le 310 e le 3.100 miglia, una minaccia per l’Europa, dove gli alleati Usa hanno sostenuto all’unanimità la decisione degli Stati Uniti a causa della minaccia della Russia alla sicurezza euro-atlantica e del suo rifiuto di fornire qualsiasi risposta credibile o di compiere passi verso una piena e verificabile conformità. Secondo Pompeo ci vorranno sei mesi prima che il ritiro Usa dal trattato entri in vigore. In questo arco di tempo si potrebbe lavorare a “una nuova intesa”.
C’è chi dice, però, specie tra i russi, che la vera motivazione per l’uscita americana dal trattato INF sia a causa del W76-2, un nuovo missile nucleare che gli Usa hanno cominciato a produrre, come ha confermato anche l’Agenzia per la sicurezza nazionale nucleare (NNSA), negli stabilimenti di Pantax, in Texas. Un annuncio che, legato all’uscita dal trattato, risulta preoccupante poiché implica che non ci sarà più il divieto di sviluppare missili nucleari di medio raggio, né di ricollocare su navi e su sottomarini nucleari missili balistici, o a terra missili tipo Cruise. In Europa e altrove. In attesa di mettere a punto queste nuove e moderne testate nucleari, gli Usa sono già pronti, infatti, a modificare i vecchi missili Tomahawk e a piazzarli in Giappone e nella base Usa di Guam. Il passo successivo potrebbe essere, però, quello di tornare a rafforzare il sistema degli euromissili nel Vecchio Continente.
Ora ci attendono 180 giorni, richiesti dall’Onu per cercare di risolvere le divergenze tra i due Paesi, anche se è lo scetticismo che prevale al momento. La Russia dovrà così decidere se distruggere tutti i suoi sistemi missilistici 9M729, ritornando così alla piena e verificabile conformità al trattato. Se ciò non avverrà a farne le spese sarebbe prima di tutto l'Europa, che tornerebbe teatro di scontro tra le due superpotenze. Salvo accordi last-minute con Mosca o nuovi accordi che coinvolgano anche Pechino, il rischio è quello di una nuova corsa al riarmo, con Trump che, anche con le sue nuove armi spaziali, vuole mantenere il primato tecnologico e militare sui rivali. Ci stiamo dirigendo verso una direzione in cui non andavamo da 40 anni, senza limiti al controllo degli armamenti o regole rispettate da entrambi le parti, una inversione rispetto al passato che deve far pensare prima che sia troppo tardi. Dopo la recente uscita degli Usa dall’accordo con l’Iran e con la prossima scadenza , già impostata al 5 febbraio, per quanto riguarda l’accordo “New Start” legato alla riduzione delle armi di distruzione di massa, il mondo rischia così di rimanere a breve privo di intese contro la proliferazione nucleare. Una preoccupazione non da poco specie in un momento storico in cui si avverte l’eco di una nuova guerra fredda.