Il sequestro delle petroliere: sale ancora la tensione nello stretto di Hormuz.
Continua a salire la tensione in quella zona definita ormai come il crocevia mondiale del petrolio. In data 11 luglio la Gran Bretagna ha denunciato un tentativo delle forze navali delle Guardie della rivoluzione iraniana di impedire il transito di una sua petroliera, la British Heritage della compagnia Bp, attraverso lo stretto di Hormuz. In quell’occasione, raccontano a Londra, tre mezzi dei Pasdaran avrebbero cercato di indurre il cargo a fermarsi, ma il pronto intervento della fregata HMS Montrose della Royal Navy, avrebbe scongiurato il blocco della petroliera frapponendosi fra la stessa ed i vascelli iraniani. La CNN, citando poi fonti militari iraniani, ha inoltre spiegato che l’avvertimento da parte della marina militare britannica non si sia limitato solo alle parole: contro le navi iraniane sarebbero stati puntati, infatti, anche i cannoni della Montrose, unità molto più potente e armata rispetto ai motoscafi iraniani, che sarebbero stati così costretti ad invertire la loro rotta. Il comando britannico ha definito l’azione delle Guardie rivoluzionarie “una provocazione e un tentativo di interferire con il libero passaggio” della nave, mentre il ministro degli Esteri Jeremy Hunt ha ribadito che Londra sia costantemente “impegnata a mantenere la libertà di navigazione”. L’episodio qui brevemente descritto sarebbe stato inoltre filmato da alcuni aerei statunitensi che avrebbero ripreso la scena dall’alto. Nonostante ciò l’accusa è stata seccamente e totalmente negata dalle Guardie della rivoluzione, la potente forza armata che risponde solo alla Guida suprema, l'ayatollah Ali Khamenei, che anzi ha rincarato la dose affermando che nel caso in cui avessero mai deciso di sequestrare navi straniere, i loro mezzi “sarebbero stati in grado di condurre la missione senza problemi, in modo deciso e rapido”.
Il “presunto” tentativo iraniano di intercettare una petroliera britannica nel Golfo Persico è solo l'ultimo episodio di un'escalation di tensione nell'area: tra maggio e giugno erano state attaccate sei petroliere e in quelle occasioni, anche senza prove inconfutabili, gli Usa avevano subito accusato Teheran. L’Iran aveva poi abbattuto un drone americano vicino allo stretto di Hormuz, rischiando un attacco missilistico che Trump ha fermato solo all’ultimo momento. La partita è continuata poi con l’entrata in scena della Gran Bretagna. Il recente episodio appare infatti come una diretta conseguenza, quasi annunciata, delle minacce di Teheran per il fermo una settimana fa da parte delle forze di Sua Maestà della sua petroliera Grace 1 a Gibilterra, dove è stato deciso il sequestro per 14 giorni della nave e tutto l’equipaggio è stato interrogato dalle autorità locali sul carico, quasi 300.000 tonnellate di greggio, che sarebbe stato diretto verso Damasco. Il sospetto è quello che il natante, partito dal Golfo circumnavigando poi l'Africa, intendesse raggiungere la Siria per consegnare il suo carico in violazione delle sanzioni europee contro il regime di Bashar al Assad. In quest’occasione il presidente iraniano Hassan Rohani, dopo aver chiesto a chiare note la liberazione immediata della sua petroliera, aveva minacciato "ripercussioni" per un'azione che la Repubblica islamica definisce un atto di "pura e semplice pirateria” svoltosi inoltre in acque internazionali, sottolineando inoltre di non sentirsi obbligata ad adeguarsi alle misure restrittive di Bruxelles contro il suo alleato Damasco. “Siete state voi a scegliere per la mancanza di sicurezza nei mari e più in là ne vedrete le conseguenze” aveva affermato Rohani aggiungendo che “il nemico punta alla mancanza di sicurezza nella regione”. Il presidente qui si riferisce al drone americano abbattuto il mese scorso con una “risposta incisiva” da parte dell’Iran. Una vicenda dai complicatissimi tratti viste anche le contrastanti versioni della Spagna e della autorità della Rocca, territorio d'oltremare del Regno Unito. Fonti spagnole, il cui governo contesta il controllo britannico di Gibilterra, avevano indicato che la petroliera, infatti, era stata bloccata da unità della Marina britannica su richiesta degli Stati Uniti.
Qualunque sia la verità sicuramente siamo di fronte ad affermazioni che inevitabilmente portano ad aumentare ulteriormente la tensione in un dei luoghi oggi cruciali per il commercio mondiale di greggio. Così mentre da una parte Londra innalza al massimo livello l’allerta per le sue navi nel Golfo, dall’altra l’Iran alza nuovamente la voce verso quel blocco di Stati formato principalmente da America, Inghilterra ed Israele volto a screditarla ed isolarla sia economicamente sia politicamente. L’ultimo episodio fa seguito poi all’annuncio del presidente Usa di aumentare presto ed “in modo sostanziale”, le sanzioni contro l’Iran come parte del piano di Washington di frenare le attività nucleari di Teheran. Gli stessi Stati Uniti hanno rilanciato poi il desiderio di voler creare a breve una coalizione di Paesi, coordinata ovviamente da Washington, al fine di garantire con una "scorta militare" la sicurezza delle navi commerciali all'imboccatura del Golfo Persico e nello stretto di Bab al-Mandab, all'ingresso del mar Rosso. L’operazione si va definendo in queste ore: in base al piano della coalizione navale, gli Stati Uniti forniranno le navi di comando e guideranno la sorveglianza mentre gli alleati pattuglieranno e scorteranno le navi commerciali con le loro bandiere nazionali. Sembra l’atto di nascita di un’Invincibile armata tesa a schiacciare le velleità iraniane. Una sorta di riedizione della strategia adottata a metà degli anni ’80, quando nel Golfo c’era la cosiddetta “guerra delle petroliere“, uno dei fronti del conflitto Iran-Iraq.