L’incidente del sottomarino militare russo: scongiurato il pericolo nucleare?
Ritorna a farsi vivo l’incubo del “K-141 Kursk” il sottomarino russo, in grado di trasportare e lanciare missili a testata nucleare e tra i più moderni mezzi in dotazione alla Voenno-Morskoj flot, che nell’estate del 2000 nel mare di Barents durante quella doveva essere un’esercitazione militare navale subì l’esplosione di uno dei suoi siluri scatenando la distruzione dell’intero serbatoio di munizioni. L'incidente si rivelò immediatamente fatale per la maggior parte dell'equipaggio, ma non per 23 uomini che perirono dopo una terribile agonia. Dopo vari tentativi di salvataggio falliti da parte dei russi, che rifiutarono in un primo momento gli aiuti internazionali, una nave speciale norvegese equipaggiata con un mezzo di soccorso subacqueo inglese si agganciò con successo al sottomarino affondato, trovandolo completamente allagato e senza alcun superstite. Molti aspetti dell'incidente del Kursk e dei tentativi di salvataggio furono costellati di polemiche e controversie, con molte notizie contraddittorie. Nonostante la teoria avanzata da alcuni esperti che il Kursk avesse avuto una collisione con un qualche sottomarino di altra nazione, non identificato (in quel giorno erano, infatti presenti due sottomarini statunitensi, che osservavano l'esercitazione, lo USS Memphis e lo USS Toledo, di classe Los Angeles) la commissione d'inchiesta guidata dal procuratore generale Vladimir Ustinov concluse il 29 giugno 2002 che le esplosioni a bordo del sottomarino russo furono causate da un siluro difettoso, che innescò delle reazioni a catena. In quell’occasione Putin venne duramente criticato per come la questione venne affrontata dal Cremlino e l’opinione pubblica si accese quando spuntarono le foto del presidente in vacanza sul Mar Nero mentre le famiglie delle vittime chiedevano informazioni sui congiunti.
Lo scorso 2 luglio 2019 le principali agenzie d'informazione di tutto il mondo hanno fatto circolare la notizia che un incidente aveva interessato un'unità subacquea appartenente alla marina russa e che a bordo del sottomarino coinvolto si erano registrate quattordici vittime. Dell’incidente accaduto nell'Estremo Oriente russo si sa però ancora poco: sappiamo ad esempio che tutti i marinai morti erano “altamente qualificati” e facenti, ufficialmente, parte di una missione di “ricerca scientifica per studiare il fondale dell’Oceano”. Il ministero della Difesa non ha fornito però molti altri dettagli: per esempio, non è stato spiegato da quante persone fosse composto l'equipaggio e, soprattutto, non è stato reso noto il tipo di sottomarino coinvolto. Secondo diversi media russi, il sottomarino incidentato è stato il sommergibile nucleare AS-12, noto anche con il nome di "Losharik", con un equipaggio solitamente composto da 25 persone e capace di scendere a profondità fino a 6.000 metri. Il sottomarino interessato dall'incidente è una sorta di “leggenda” tra gli appassionati del mondo degli abissi: l'ultimo e più avanzato “sottomarino-spia” entrato in servizio presso la marina russa. Alcuni esperti hanno così avanzato l'ipotesi che l'incendio non sia avvenuto durante attività di "ricerca scientifica", come comunicato da Mosca (termine di copertura per altri tipi di lavori, condotti sul fondale marino, come per esempio il prelievo di dati dai cavi sottomarini utilizzati per le telecomunicazioni (anche via internet) internazionali. Il Losharik è in genere trasportato dal sottomarino nucleare Orenburg, usato come base. Il sito “Severomorsk Life” aveva parlato fin da subito non solo di un incendio all’interno del sottomarino ma persino di un’esplosione, ipotesi, sostenuta anche dal moscovita Kommersant, che se confermata renderebbe la situazione ancora più drammatica. Vi è il sospetto quindi che si sia rischiata una doppia Cernobyl degli abissi: se il Losharik fosse saltato in aria avrebbe provocato la distruzione anche della sua base madre, l’Orenburg. Ufficialmente i 14 militari sono morti per aver respirato le inalazioni velenose, provocate da un incendio nel vano batterie. Si sono chiusi all'interno della sezione incidentata e hanno evitato il propagare delle fiamme al reattore nucleare, che è rimasto, per fortuna, integro. Le autorità della confinante Norvegia hanno, infatti, rassicurato che anche dopo l’incidente non sono stati riscontrati livelli di radiazioni anormali.
“Con la loro vita, hanno salvato i loro compagni, la loro unità ed evitato una catastrofe su scala planetaria” ha dichiarato il capitano di vascello Sergei Pavlov, assistente del capo di Stato maggiore della Marina russa, durante i funerali dei sommergibilisti morti. Putin ha poi approvato la proposta del Ministro della Difesa Sergei Shoigu di conferire onorificenze di stato ai 14 militari le cui azioni erano state definite "eroiche" già nel primo comunicato del Ministero della difesa sull’incidente. A qualche giorno di distanza dall’incidente il Cremlino, che aveva mantenuto il riserbo sui dettagli della sciagura “nell'interesse dello stato e della sicurezza dello stato”, ha infine confermato che, come circolava l’indiscrezione da qualche giorno, il sottomarino colpito dall’incendio è a propulsione nucleare, e, allo stesso tempo, che ne è stato isolato e posto in sicurezza il reattore e trainato nel porto di Severomorsk, nella penisola di Kola, sopra il Circolo polare artico, per essere riparato rimesso in mare. Oggi, ancora una volta nel mare di Bering proprio 19 anni fa come con il Kursk, la storia tende a ripetersi provocando un’ondata di emozioni e di domande tra i russi sullo stato delle propria flotta.