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Europa-Turchia: una situazione spinosa

Sono mesi ormai, all’incirca da dicembre dello scorso anno, che i bombardamenti a opera dell’esercito siriano di Assad si sono intensificati nella zona di Idlib, la provincia al confine con Siria e Turchia che costituisce l’unico e ultimo avamposto dei ribelli sunniti.

Per questa sua valenza di baluardo nella lotta contro Assad, la zona di Idlib, geograficamente poco più vasta della Valle D’Aosta, è passata nell’ultimo anno da 800.000 abitanti a circa 3 milioni, divenendo così il luogo in cui si sono concentrati la gran parte dei profughi sunniti del paese. Essi da qui premono per passare in Turchia, luogo necessario per poi raggiungere l’Europa, ma la Turchia da parte sua ha le frontiere chiuse.

Motivo per cui nello stato anatolico si è passati in breve tempo da 1 milione di profughi a circa 4 milioni che, chiaramente, comportano un problema non indifferente, non solo per i costi che implica l’accoglienza, ma anche in termini politici e di sicurezza del paese. Non a caso la difficile situazione nei confronti dei profughi al confine è stata una delle concause che hanno portato alla sconfitta del partito di Erdoğan alle municipali di Istanbul e Ankara. Ma come mai Erdoğan, allora, nonostante la Turchia avesse raggiunto, appunto, l’imponente cifra di quasi 4 milioni di rifugiati, ha continuato a tenere le frontiere chiuse?

Per rispondere a questa domanda è necessario fare un passo indietro e ricordare che nel marzo del 2016 è stato siglato un accordo tra Turchia e Unione Europea. Con quest’ultimo lo stato turco si impegnava a tenere i profughi nel proprio territorio in cambio di alcune misure che l’Europa prendeva a sostegno della Turchia, come ad esempio lo stanziamento di ben 6 miliardi di euro per la gestione dei profughi, la rimozione dell’obbligo di visto­­, l’aggiornamento dell’unione doganale e l’apertura di nuovi capitoli del processo negoziale.

Queste promesse, però, non sono state completamente mantenute ed ecco che la Turchia non sentendosi appoggiata dall’Europa e percependo di essere messa con le spalle al muro dalle tre potenze in campo che le fanno pressioni dall’esterno (la Siria di Assad, l’Iran e la Russia), ha deciso di tentare il tutto per tutto per convincere l’Europa (e la Germania in particolare) a esercitare pressioni sulla Russia affinché i profughi di Idlib rimangano nella loro zona e affinché almeno 1 milione dei quasi 4 presenti in terra anatolica venga rispedito nella Siria del nord.

Come atto dimostrativo della dirompenza disastrosa che l’apertura del confine può avere per l’Unione Europea, Erdoğan sabato 29 febbraio ha aperto le porte dei confini della Turchia. Ha inoltre dichiarato, secondo quanto riportato dal quotidiano filo-governativo Daily Sabbah, che la Turchia non è in grado di «gestire un nuovo flusso di rifugiati, ma non possiamo neanche lasciare queste persone in balia del regime di Assad. Che cosa abbiamo fatto ieri? Abbiamo aperto le porte e non le chiuderemo. Perché? Perché l’Unione Europea deve mantenere le sue promesse» [1].

In pochissimo tempo più di 100 mila profughi siriani si sono riversati fuori dalla Turchia e ciò sta generando un vero e proprio disastro umanitario, con decine di migliaia di persone in cammino per raggiungere l’Europa che si scontrano al confine con la Grecia con la polizia nazionale che gli impedisce il passaggio.

«Una ONG locale, che si occupa di prestare assistenza ai migranti, il Consolidated Rescue Group, sulla propria pagina Facebook ha riferito: “A Edirne, alla frontiera tra Turchia e Grecia, un giovane siriano è morto dopo che la polizia greca di frontiera gli ha sparato”. Assieme al post è stato allegato un video», si legge sulle pagine de «La Repubblica» che riportano il fatto [2].

Di fatto Erdoğan ha messo sotto scacco il Vecchio Continente che dovrà necessariamente dare una risposta concreta se non vuole che si riapra quel corridoio balcanico che già nel 2015 aveva portato tanti guai all’Unione Europea.

Senza contare, come si è detto poco fa, il totale e completo disastro umanitario. Nelle isole greche, infatti, si sono riversati numeri elevatissimi di rifugiati, tanto che i centri di accoglienza si trovano a dover fronteggiare una situazione insostenibile. «I campi profughi di Lesbo, Samo, Chio, Kos e Leros sono ormai ridotti allo stremo. Con una capienza totale di 5.400 posti accolgono oggi 42.000 bambini, donne e uomini bloccati sulle isole greche a causa della politica di contenimento dell’Unione Europea e destinati a rimanerci fino a quando le richieste di asilo non verranno esaminate da un sistema attualmente a corto di personale e sovraccarico, con 90.000 pratiche arretrate» [3].

Soltanto nel campo profughi di Lesbo, per fare un esempio su tutti, costruito per contenere un massimo di 2.200 persone si è arrivati a quasi 19.000 profughi. Molti di questi sono minori e tra di essi, moltissimi sono soli, senza i genitori e in condizioni di salute critiche. Si tratta di persone costrette a vivere in tende esposte al freddo e alla pioggia con una limitata (o nulla) possibilità di accedere al riscaldamento o all’acqua calda.

Nonostante l’infaticabile lavoro di medici e volontari la situazione sanitaria è allo sbando. Hana Pospisilova, una dottoressa volontaria a Lesbo intervistata dal «The Guardian» [4] si è detta seriamente preoccupata circa la possibilità di riuscire a curare molte delle persone gravemente malate e troppo vulnerabili per poter sopportare lo stile di vita del campo. Sempre in questa intervista la dottoressa Pospisilova racconta come i bambini non si lavino da settimane e settimane e non possano farlo per mancanza di acqua calda e il timore che lavandosi con l’acqua ghiacciata possano morire di freddo; molti hanno la scabbia e non cambiano i vestiti da mesi perché quelli che indossano sono gli unici che hanno. «Ho visitato molti pazienti con problemi respiratori e nonostante faccia freddo ed è inverno li rimandiamo indietro, in tende bagnate, in un campo sovraffollato. Sono preoccupata che possa scoppiare una pandemia. Non hanno acqua calda, devono aspettare tre ore al freddo per il cibo, non ricevono abbastanza vitamine, tanti hanno le gengive sanguinanti. Le persone vanno e vengono dalle strutture mediche, prendono antibiotici, continuano a tossire, hanno la febbre. L’influenza spagnola iniziò a diffondersi esattamente così, in strutture sovraffollate dove le persone avevano un’infezione virale che è diventata un’infezione batterica che li ha uccisi. Per questo sono preoccupata. Curiamo i pazienti ma nessuno è guarito, è impossibile guarirli in queste condizioni» [5].

Non credo ci sia bisogno di aggiungere parole a dichiarazioni come queste che parlano da sole. Ma vorrei concludere con un pensiero. Il nostro paese si ritrova in questo momento a fronteggiare la drammatica emergenza sanitaria del Nuovo Covid-19, stiamo sperimentando sulla nostra pelle cosa significa non riuscire a curare tutte le persone adeguatamente e quanti sforzi si debbano fare per cercare di limitare il più possibile le morti. Un ambiente malsano come quello dei campi profughi greci descritto poc’anzi è lo scenario ideale per il proliferare di questa epidemia e chissà se molti di quei morti non siano stati, senza saperlo, anche affetti dal Coronavirus (si ricordi, tra l’altro, che l’Iran è uno dei paesi maggiormente colpiti e il Medio Oriente non è assolutamente escluso da potenziali ulteriori focolai di contagio).

È necessario, quindi, trovare un accordo e avere polso fermo nel gestire a livello europeo la situazione turco-siriana. Perché non è una partita a dadi, ma c’è in ballo la vita delle persone. Sia dei profughi, sia delle popolazioni con cui essi entrano in contatto versando in condizioni sanitarie pessime e non essendoci i presupposti per un’adeguata accoglienza. Un contagio di questo tipo sarebbe un ulteriore disastro. L’Europa trovi una soluzione. Adesso. Senza ulteriori procrastinazioni.

Ammiraglio Giuseppe De Giorgi

 

[1] https://www.valigiablu.it/siria-idlib-rifugiati/, per approfondire il retroterra geopolitico che soggiace alla questione consiglio la visione della puntata del 5 marzo 2020 di MappaMundi, reperibile al seguente link: https://www.limesonline.com/video-turchia-siria-grecia-profughi-migranti/117011 

[2] https://www.repubblica.it/esteri/2020/03/02/news/la_fuga_dei_profughi_saviano_questa_e_la_turchia_di_un_criminale_politico_con_cui_l_ue_fa_accordi_-250047570/

[3] https://www.valigiablu.it/grecia-campi-rifugiati-crisi/

[4] https://www.theguardian.com/global-development/2020/feb/11/un-calls-for-urgent-evacuation-of-lesbos-refugee-camp
[5] https://www.valigiablu.it/grecia-campi-rifugiati-crisi/

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