Libia: due pescherecci italiani sequestrati
Il primo settembre scorso due pescherecci italiani appartenenti alla marineria di Mazara del Vallo, il “Medinea” e l’“Antartide”, con i loro rispettivi equipaggi (16 persone) sono stati sequestrati mentre si trovavano a 35 miglia nautiche dalla costa libica, caricati su un gommone della Marina Militare libica e portati a Bengasi. Insieme a loro anche i due comandanti di altri due pescherecci (l’“Anna madre”, anch’esso di Mazara del Vallo, e il “Natalino”, di Pozzallo) sono stati caricati sul gommone, mentre le loro imbarcazioni, sfruttando i momenti del prelevamento, sono riuscite a sfuggire al sequestro allontanandosi in tempo. Sembrerebbe che siano stati sequestrati poiché non rispettavano le ZEE (Zone Economiche Esclusive) libiche sancite unilateralmente nel 1982 con la convenzione di Montego Bay dell’allora rais Gheddafi.
Quale che sia la motivazione addotta per legittimare una simile azione, non si può ignorare il fatto che episodi di questo genere non avvengono ora per la prima volta. Già nell’ottobre del 2018 e poi nel luglio del 2019 era accaduto qualcosa di simile. Il 9 ottobre 2018, infatti, stessa sorte toccò ai pescherecci “Afrodite pesca” e “Matteo Mazzarino”, verso i quali venne anche aperto il fuoco danneggiando gravemente le imbarcazioni e sequestrando gli equipaggi che si trovavano in acque internazionali, a 60 miglia circa dalla costa libica; altrettanto accadde il 23 luglio del 2019 al peschereccio “Tramontana” che venne trasportato a Misurata. In tutti questi casi fu necessario l’intervento della Farnesina per far rilasciare gli equipaggi congiuntamente alle singole azioni del sindaco di Mazara e del console italiano in Libia.
Ci si chiede dunque: è un caso che questi sequestri siano avvenuti proprio in concomitanza con l’incontro in Libia del Ministro Di Maio con al-Sarraj? Incontro, tra l’altro, con il quale stiamo tentando di rinsaldare la fiducia del Governo libico riconosciuto dall’ONU (GNA), essendo esso incentrato sulla costruzione o implementazione delle infrastrutture libiche a partire dall’ambizioso progetto della costruzione di un’autostrada che unisca la costa libica. L’Italia vede con favore l’accordo raggiunto con (il presidente del parlamento di Tobruk Aguila) Saleh per la promozione di un cessate il fuoco e lo sostiene. Crediamo anche, come diciamo da sempre, che debba cessare ogni interferenza esterna»[1]. Limpido è il riferimento alla Turchia, che è diventato, per nostra manchevolezza, il principale competitor nella partnership con Tripoli, colmando il vuoto lasciato dall’Italia e siglando in tempi record importanti accordi militari, economici con il governo di al-Sarraj.
Questo incontro, inoltre, sembra non essere passato inosservato anche nell’altra parte della Libia, la Cirenaica di Khalifa Haftar, che ha eseguito il sequestro, tanto che l’assessore della Regione Sicilia per la Pesca Mediterranea Edy Bandiera all’indomani del sequestro dei pescherecci ha dichiarato: “La presenza del ministro Di Maio in Libia in questi giorni non può essere una coincidenza. La circostanza ci preoccupa, ma oggi osserviamo un silenzio rispettoso del lavoro che sappiamo si sta svolgendo alla Farnesina che già in altre circostanze ha saputo trattare vicende analoghe in modo opportuno ed efficace. Siamo in contatto con la Farnesina per seguire con la massima attenzione la vicenda”[2], fermo restando, poi, che portare avanti una trattativa con un governo non riconosciuto dall’Onu complica ancora di più la situazione diplomatica e ciò non va sottovalutato.
Si è levata sulla vicenda anche la voce dell’armatore Gaspare Asaro, comandante del peschereccio Matteo Mazzarino, quello stesso che era stato coinvolto nel sequestro del 2018 di cui ho fatto menzione in principio e che ricorda molto bene l’attesa di quei 10 giorni di trattative che ci vollero per riportare a casa sano e salvo il suo equipaggio. «Siamo stanchi di rischiare quotidianamente la vita per guadagni irrisori. Viviamo una condizione di pericolo costante, ma noi chiediamo solo di poter fare il nostro mestiere. I pescatori di Mazara del Vallo chiedono solo di poter continuare a fare il proprio lavoro in sicurezza, non siamo interessati a questioni politiche. Il Mediterraneo è diventato un focolaio di guerra e per noi non è più possibile continuare a svolgere il nostro umile mestiere di pescatori»[3]. In quell’occasione, infatti, all’equipaggio sottoposto a sorveglianza militare, venne requisito l’intero pescato (in osservanza della convenzione di Montego Bay che legittimava il sequestro e il divieto per i pescherecci di operare in un’area di mare che la Libia afferma essere sotto la propria giurisdizione economica esclusiva).
Vicende come questa, per quanto non nuove, dovrebbero farci riflettere sul delicatissimo e precario equilibrio del Mediterraneo, soprattutto alla luce dei mutamenti degli equilibri politici e militari in corso. Non mi stancherò di ripetere, infatti, che è necessario che in Italia si accendano i riflettori sulla Libia e, più in generale, sulla questione marittima; dovrebbero essere oggetto di un piano governativo interministeriale per stabilire quale sia la strategia marittima nazionale da adottare vista l’importanza del mare per la sicurezza e la prosperità del nostro Paese.
[1] https://formiche.net/2020/09/libia-di-maio-italia/
[2] https://www.agi.it/estero/news/2020-09-02/pescherecci-italiani-equipaggio-mani-haftar-9555122/