Grecia-Turchia: tornano a parlarsi?
I difficili rapporti tra Grecia e Turchia nel Mediterraneo sono ormai argomento noto ai miei lettori (potete trovare diversi articoli nel mio blog) poiché essi si sono ciclicamente inaspriti negli ultimi mesi spingendo sempre di più la situazione nel Mediterraneo orientale verso un punto di rottura, fortunatamente ancora non raggiunto. Gli interessi energetici, i confini territoriali (con la delimitazione delle varie zone marittime), la contestazione della Convenzione di Montego Bay da parte dei turchi, sono solo alcuni dei motivi principali di attrito, per non dire scontro, tra i due Paesi. Proprio per questi motivi è importante sottolineare che lo scorso 25 gennaio a Istanbul, dopo ben 5 anni di reciproco silenzio, Grecia e Turchia hanno accolto le “richieste” di Berlino e hanno ripreso “i colloqui esplorativi” circa le diverse dispute bilaterali, a partire dal dossier energetico.
Sono state tre ore intense in cui le due diverse delegazioni, in un clima teso ma che segna un passo avanti nella volontà di trovare una risoluzione, si sono confrontate su posizioni ancora molto distanti. Non stupisce che proprio la questione delle acque territoriali delle isole greche e ciò che concerne il dossier energetico, con la conseguente disputa sulle esplorazioni turche nel Mediterraneo, siano stati i punti al centro della discussione visto che per queste stesse ragioni si scontrate Grecia e Turchia lo scorso anno. Sul Corriere della Sera si legge che: «Il primo ostacolo, nelle tre ore di colloqui, è stato quello della posta in gioco. Per Atene l’unico tema di confronto è quello relativo alla “demarcazione delle zone economiche esclusive e delle piattaforme continentali nell’Egeo e nel Mediterraneo orientale”, senza affrontare questioni di sovranità nazionale, mentre Ankara punta a negoziati più ampi che includano lo spazio aereo e lo status di alcune isole greche dell’Egeo, di cui chiede la smilitarizzazione. La scorsa settimana il premier greco, Kyriakos Mitsotakis, ha chiarito che Atene non è disposta a discutere la giurisdizione di tratti di mare che considera propri e il Parlamento ha votato una mozione che estende da 6 a 12 le miglia nautiche che delimitano le acque territoriali greche. Dal canto suo, venerdì scorso, il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu […] aveva invitato la Grecia a “smetterla con le provocazioni”, ribadendo che la Turchia non cambierà le proprie pretese nell’area»[1].
Così, su due piedi, non sembrerebbero delle ottime premesse, ma c’è un aspetto che è bene tenere presente, ossia che questo colloquio fa seguito alla volontà di Erdogan, espressa recentemente, di migliorare i rapporti con l’Unione Europea anche in virtù del futuro cambio di strategia da parte del neopresidente eletto degli Stati Uniti, Joe Biden. Biden, infatti, seguirà con occhio più attento rispetto al suo predecessore gli sviluppi della crisi tra Grecia e Turchia. Erdogan godrà verosimilmente di minor libertà d’azione in Mediterraneo. Di qui l’interesse a ricucire i difficili rapporti con l’UE e con i partner della Nato fra cui Grecia e Francia. A dimostrazione di questo mutato atteggiamento, a metà gennaio il ministro degli esteri turco Mevlut Cavusoglu, in visita a Bruxelles, ha invitato Ursula von Der Leyen e Charles Michel ad Ankara, per un colloquio con Erdogan, nella speranza forse di riprendere il dialogo per individuare una via per far accogliere la Turchia nella Comunità Europea.
Tornando al tavolo del 25 gennaio, sembra quindi che qualche speranza in più rispetto al passato ci sia ed è anche da considerarsi positivo che almeno in queste prime fasi non vi siano state ancora provocazioni nelle acque territoriali greche. La Grecia, inoltre, da parte sua, non ha la minima intenzione di mollare la presa e ha ribadito che, se è sì necessario trovare un punto d’incontro, esso però deve avere fondamento “sulla base del diritto internazionale”, come sottolineato tramite le parole del portavoce del governo greco. Una posizione molto netta che, se letta insieme alla recentissima firma del contratto per la fornitura di 18 caccia Rafale alla Grecia, da parte del ministro della difesa francese Florence Parley, fornisce l’immagine di una Nazione che non sembra disposta a cedere di un centimetro e che anzi è pronta a marcare il territorio molto di più rispetto al passato.
Ecco, quindi, che il fragile equilibrio del Mediterraneo non può che mantenersi tale avvalendosi della “mediazione” della Nato, alla quale lo stesso ministro degli esteri greco Dendias si è rivolto (in un incontro con il segretario generale Stoltenberg) subito dopo il tavolo di negoziato con la Turchia, per capire come la Nato e gli Stati Uniti di Biden abbiano intenzione di agire circa la situazione del Mediterraneo. Su Mondogreco.net si legge infatti che «Le sanzioni per il sistema missilistico S-400 non sono state ancora metabolizzate da Ankara, che invero sta tentando con ogni mezzo di rifarsi una verginità politica agli occhi della nuova Casa Bianca e dell’Ue, passando per Israele che per il momento fa orecchie da mercante. […] L’inner circle erdoganiano, infatti, ha costanti pressioni dal mondo militare più conservatore, poco avvezzo al dialogo e più propenso a mettere in pratica quella profondità strategica teorizzata dall’ex premier Davutoglou. Di contro secondo fonti diplomatiche Ankara, se fosse stimolata a un accordo dalla Cancelliera tedesca, potrebbe prendere in considerazione l’idea di ritrattare le sue posizioni»[2].
La situazione dunque è ancora decisamente molto delicata e allo stato attuale quello che è avvenuto è da considerarsi soltanto un “contatto” tra le parti, un primo passo, incoraggiante certo, ma che non assicura nulla circa l’effettivo miglioramento della situazione nel Mediterraneo. Certo il Consiglio Europeo e la Germania si sono molto prodigati affinché si potesse di nuovo aprire questo tavolo di trattativa diretta tra le parti e lo stesso Haiko Maas (ministro degli esteri tedesco) si era recato più volte ad Ankara per preparare il terreno per la ripresa di un dialogo, dicendosi poi lieto dell’incontro tra Grecia e Turchia, ma mi sento di dover essere molto cauto nell’esprimere un giudizio troppo ottimista circa il futuro, perché allo stato attuale dei fatti tutti i maggiori ostacoli affinché si trovi una quadra, restano intatti. L’Italia potrebbe giocare un ruolo attivo, visti i rilevanti interessi nazionali nel bacino centrale e orientale del Mediterraneo, ma occorrerebbe prima riacquistare una maggiore credibilità internazionale, oltre alla voglia di guardare oltre il cortile ristretto della nostra politica interna.
Ammiraglio (a) Giuseppe De Giorgi